Obiettivo 5: raggiungere l’uguaglianza di genere
Proseguire nello sviluppo economico e sociale, che assicuri il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità di soddisfare quelli delle generazioni future. È questa la definizione generalmente condivisa di “sviluppo sostenibile” che, in tale accezione, fa riferimento alla compatibilità tra sviluppo delle attività economiche e salvaguardia dell’ambiente.
L’obiettivo 5 dell’Agenda 2030 punta al superamento delle disuguaglianze di genere, perché si ritiene che eliminare questo divario sia fondamentale per realizzare un mondo pacifico, prospero e sostenibile. Le disuguaglianze di genere sono ancora profondamente radicate in ogni società. Le donne soffrono di mancanza di accesso a un lavoro dignitoso e devono affrontare la segregazione occupazionale e il divario salariale di genere. In molte situazioni viene loro negato l’accesso all’istruzione di base e all’assistenza sanitaria e sono vittime di violenza e discriminazione. Sono inoltre sottorappresentate nei processi decisionali politici ed economici.
L’Unione Europea ha intrapreso una serie di iniziative per promuovere la protezione delle donne contro la violenza già a partire dal 1990, con la Convenzione di Istanbul, e, insieme all’ONU, con “Spotlight”, un’iniziativa globale pluriennale incentrata sull’eliminazione di tutte le forme di violenza contro donne e ragazze.
Nel mondo, 750 milioni di donne e ragazze si sono sposate prima dei 18 anni e almeno 200 milioni hanno subito mutilazioni genitali in 30 Paesi del mondo. In 18 Paesi, i mariti possono legalmente impedire alle loro mogli di lavorare; in 39 Paesi, figlie e figli non hanno gli stessi diritti di eredità e in 49 Stati non ci sono leggi che proteggano le donne dalla violenza domestica. Sebbene le donne abbiano fatto passi da gigante nelle cariche politiche in tutto il mondo, la loro rappresentanza nei parlamenti nazionali è al 23,7%, ovvero ancora lontana dalla parità.
A livello globale, le donne sono solo il 13% dei proprietari di terreni agricoli e in Nord Africa detengono meno di un lavoro retribuito su cinque nel settore non agricolo. Ci sono però alcune note positive e di miglioramento rispetto al passato: la percentuale di donne che svolgono un lavoro retribuito al di fuori del settore agricolo è aumentata dal 35% del 1990 al 41% del 2015. In più di 100 Paesi si sono attivati progetti per monitorare l’andamento dell’uguaglianza di genere e, nell’Asia Meridionale, il rischio di una ragazza di sposarsi durante l’infanzia è diminuito di oltre il 40% dal 2000. La strada è ancora lunga, e non possiamo sicuramente smettere di impegnarci ora.
Federica De Carli