Vogliamo evitare o preparare le tragedie?
“Porre fine ai pericoli della guerra, liberare i popoli dai mali dell’imperialismo, del colonialismo, del razzismo e dello sfruttamento economico…”. Con queste parole Gianni Rodari, scrittore, poeta, giornalista piemontese, raccontava per la RAI la prima Marcia della Pace Perugia-Assisi nel 1961 e ne descriveva le finalità. A 60 anni di distanza, purtroppo, ascoltiamo quelle parole e siamo amaramente stupiti dalla loro attualità: non più tardi di qualche giorno fa Papa Francesco ha affermato in un suo discorso l’urgenza di avere “più cibo e meno armi”.
Siamo ancora qui a dire che c’è bisogno di pace, di mettere al bando delle armi. Aldo Capitini, ideatore della Marcia della Pace, sottolineava l’importanza di concretizzare, di dare dei nomi e dei cognomi alle scelte e ai responsabili: chi costruisce le armi? Chi le vende? Chi favorisce ancora le guerre oggi?
Fanno riflettere le parole del Presidente del Consiglio Mario Draghi lo scorso 29 settembre, durante la conferenza stampa sulla “Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza”, il primo passo in vista dell’elaborazione della prossima legge di bilancio: “Ci dobbiamo dotare di una difesa molto più significativa, e bisognerà spendere molto di più nella difesa di quanto fatto finora, perché le coperture internazionali di cui eravamo certi si sono dimostrate meno interessate nei confronti dell’Europa”.
Parole che indicano una direzione inequivocabile sulle questioni che riguardano la politica estera e di difesa dell’Italia. La cosiddetta “difesa” altro non è che la guerra, e gli investimenti nelle armi altro non sono che investimenti in nuovi strumenti di tragedia, perché questo è la guerra. Invece di dire: la tragedia ci insegna e ci impegna a evitare che si ripeta, basti pensare a quanto successo di recente in Afghanistan, producendo e vendendo armi prepariamo una nuova tragedia, anzi, prepariamo il futuro con nuove tragedie.
Non capisco perché in molte altre situazioni per questioni di sicurezza si fanno controlli, si cambiano anche le regole e gli stili di vita, mentre nel caso degli armamenti ciò non avviene e si va avanti a spendere montagne di soldi. Ma le tragedie vogliamo evitarle o prepararle? Per questo non possiamo stare fermi, non possiamo lasciarci vincere dall’indifferenza.
Chiudo con una poesia del mio conterraneo Gianni Rodari, grande poeta della pace:
Filastrocca corta e matta:
il porto vuole sposare la porta;
la viola studia il violino;
il mulo dice: “Mio figlio è il mulino”;
la mela dice: “Mio nonno è il melone”;
il matto vuole essere un mattone.
E il più matto della terra
sapete che vuole?
Fare la guerra!
Don Renato Sacco – Consigliere Nazionale Pax Christi, intervento al 38° incontro annuale dell’Associazione “Insieme si può…” onlus ONG