Riscopriamo il valore dell’abbastanza
Intervista a Constanza Hepp e Oscar Paganin, una giovane coppia di “attivisti, agricoltori e formatori”, che hanno stabilito la base del loro impegno e delle loro attività alla Fattoria Paluch di San Gregorio nelle Alpi, un’azienda agricola di produzione locale di ortaggi.
Facilitatori nel progetto “AmbientiAMOci” in collaborazione con ISP, ci conducono tra ambiente, formazione, comunità, permacultura, buen vivir e… Il valore dell’abbastanza.
Presentatevi brevemente.
Constanza: Ho 38 anni, sono cilena e vivo in Italia dal 2016. Ho studiato giornalismo in Cile e mi sono specializzata in Ecologia Umana in Svezia, dove ho conosciuto Oscar. Mi sono poi trasferita qui nel Bellunese dove abbiamo avviato un progetto agricolo e anche altre iniziative basate su quei valori che condividiamo fortemente.
Oscar: Io ho 32 anni, sono bellunese, sono un antropologo e anche io mi sono laureato in Ecologia Umana in Svezia, un corso universitario dove l’ecologia viene studiata dalla prospettiva delle scienze sociali.
Come vi definireste in 3 parole?
C e O. Attivisti, agricoltori, formatori e facilitatori, anche se sono quattro!
Come definireste ISP in 3 parole?
C e O. Cooperazione, impegno e anche sacrificio, perché vediamo quante cose da fare ci sono all’interno dell’associazione.
Come siete entrati in contatto con ISP?
O. Io sono cresciuto nel Bellunese, quindi per me Insieme si può è quasi un tassello “scontato” nel panorama del volontariato della Provincia, ne ho sentito parlare fin da piccolo.
C. Io ho conosciuto l’associazione quando sono arrivata in Italia, mi hanno dato qualche consiglio per orientarmi nel mio nuovo “habitat”.
Qual è il vostro impegno attuale con l’Associazione?
C. e O. Come rappresentanti del Cantiere della Provvidenza siamo coinvolti come facilitatori negli interventi con le scuole nell’ambito del progetto “AmbientiAMOci” (di cui abbiamo parlato a pag. 8), in classe siamo sempre almeno in due, uno di noi e un collega di ISP.
A proposito di ambiente e di “AmbientiAMOci”: quale l’importanza della formazione dei più giovani su questa tematica e quali gli stimoli che state raccogliendo dal lavoro con gli studenti?
C. Riflettendo mi sento di dire che l’aspetto più importante della formazione è lo sviluppo di un pensiero critico: all’interno di un’educazione che a volte è “industriale”, incontri come questi cercano di essere degli stimoli per i ragazzi a porsi delle domande. Noi non proponiamo soluzioni, ma presentiamo la situazione e cerchiamo poi di lavorare su consapevolezza, responsabilizzazione, capacità di interrogarsi su quelli che molte volte sembrano dati di fatto. L’ambizione del progetto è quella di aprire uno spazio di discussione e creatività costruito dai ragazzi e che i ragazzi sentano proprio.
O. Vediamo che i ragazzi sono molto sensibili sul tema, hanno il desiderio di vedere le cose in maniera diversa, alcuni stimoli che raccogliamo andrebbero portati agli adulti per aprirgli gli occhi su certe questioni.
Ci raccontate un po’ della vostra Fattoria Paluch?
C. È un progetto di CSA, Comunità che Supporta l’Agricoltura, basato su un rapporto diretto tra l’agricoltore e chi beneficia dei suoi prodotti, quindi con una filiera più corta possibile, un “super km 0”! Seguiamo i ritmi della natura, quindi in primavera, estate e inizio autunno lavoriamo la terra e produciamo gli ortaggi, mentre in inverno, quando la terra dorme, ci dedichiamo all’educazione ambientale (potete seguirli su Facebook e Instagram).
O. In questo modo le persone possono sostenere i singoli produttori locali, li conoscono per nome. Non c’è sfruttamento intensivo, uso di prodotti chimici, mezzi a combustibili fossili, seguiamo i principi della permacultura, che è una “cultura”, un modo di vivere con la natura. In questo modo si arricchisce l’ambiente, si rafforza l’economia locale per farla diventare più resiliente, e si crea comunità, cioè partecipazione allargata ma anche educazione alla stagionalità e alla provenienza del cibo, che non sono conoscenze scontate nella società odierna.
Di che significati riempite il concetto di “sviluppo sostenibile”?
C. Io, da sudamericana, ho una visione critica perché ho visto nella mia terra quanto può essere contraddittorio questo concetto. Non condivido il pensiero per cui tutto il mondo si deve sviluppare secondo un unico modello, quello di alcuni Paesi: è chiaro che il pianeta non può sostenere certi schemi di sviluppo. Bisogna lavorare a misura del territorio, è il concetto del buen vivir, del ben-essere inteso come di cosa rende la vita buona: ogni luogo ha il suo, non può essere un concetto unico per tutto il mondo.
O. Parlerei di post-sviluppo, perché lo “sviluppo” implica poi che ci sia un “sotto-sviluppo” e altre conseguenze… Invece alcuni comportamenti nei cosiddetti “Paesi in via di sviluppo” vanno assolutamente importati negli Stati più “sviluppati”.
Cosa vi augurate per il futuro del pianeta?
C. Abbiamo la possibilità di cambiare la rotta, sarebbe bello che questo cambio venga fatto, che ogni Paese possa scegliere il suo destino in una sorta di nuova “autodeterminazione”, e scegliere anche con quali strumenti perseguirlo.
O. Un futuro di “abbastanza”, con una doppia valenza: il saper dire “mi basta, è sufficiente”, ma anche il “basta” a soprusi, sfruttamenti e quant’altro.
Cosa significa, secondo voi, essere ISP?
C. e O. Fare rete, collaborare, uno spazio dove la voglia di partecipare e l’apporto di ognuno hanno un valore unico, dove ognuno fa la sua parte per promuovere stili di vita diversi.