Una tazza di latte, un nuovo finale
Ci sono storie che non iniziano con un “C’era una volta” che sa di lieto fine. In Uganda, ci sono storie di vite che sembrano dannate, segnate dalla malasorte fin dal loro principio. Ne portano il segno inconfondibile i corpicini martoriati dalla malnutrizione di migliaia di bambini. Capelli scoloriti, pance gonfie di aria e vuote di cibo, pelle grigiastra troppo tirata su ossa troppo sporgenti.
Passando un po’ di tempo a queste latitudini del Mondo, a volte, però, ti senti dentro a una di quelle storie in cui puoi riscrivere tu il finale. Non puoi, purtroppo, salvare tutti: le regole del gioco impongono realismo. Puoi però determinare alcune svolte, alcuni plot twist, scrivere una pagina del libro determinante ad offrire ad alcuni personaggi della storia almeno la possibilità di un lieto fine. Costa poco, alle volte meno di 5 € alla settimana, meno di una pizza margherita. È questo il prezzo di circa 25 tazze di latte, la quantità consumata da un bambino ospitato dal centro delle Charity Sisters (Suore di Madre Teresa) a Moroto o alla St. Jude Children’s Home di Gulu.
Da quando ci sono stata la prima volta, circa un anno fa, ogni volta che torno in Uganda aspetto con trepidazione di andare a visitare questi centri per portare i grandi sacchi di latte in polvere che ISP dona loro da anni. Ogni volta, però, è un pugno allo stomaco la visita ai bambini orfani, prematuri o malnutriti che vi sono ospitati – circa 60 in ciascuno dei due centri. Non sono le loro condizioni a scioccarmi – stanno meglio dei bambini che si vedono, innumerevoli, vivere e crescere per strada. Sono le loro storie a colpirmi, a creare un nodo in me che difficilmente riesco a sciogliere.
Questa volta, Suor Massi del centro di accoglienza per bambini orfani o abbandonati di Moroto ci presenta due bambine, due sorelline. Ora hanno 5 e 4 anni, ma sono ospiti del centro da quando la più piccola era appena nata, da quando cioè sono state ritrovate sulla riva di un ruscello nei pressi di Namalu. La mamma le aveva abbandonate lì, prima di darsi alla fuga per aver ucciso il padre. Sole al mondo, senza nessun altro disposto a prendersene cura, le due sorelline crescono da anni a Moroto, sane e forti grazie alla cura amorevole delle suore. Non sarebbe pensabile senza l’impegno di Insieme si può e dei suoi donatori che, donando loro latte e cibo da anni, hanno reso possibile il cambiamento delle sorti di due vite che sembravano condannate fin dalla loro nascita.
I piccoli-grandi miracoli che avvengono quotidianamente a Gulu non sono da meno. La Direttrice Josephine ci accompagna nella visita al St. Jude agli oltre 60 bambini orfani o portatori di disabilità che vi hanno trovato accoglienza ed ospitalità. Da quando la pandemia ha ridotto drasticamente l’accesso alle cure prenatali e alle visite di controllo durante la gravidanza, nella regione si è registrato un drastico e drammatico aumento sia delle nascite di bambini con disabilità e patologie gravi sia delle mortalità materna. Ancora una volta, mi invade la tristezza mentre ascolto i racconti agghiaccianti di Josephine su bambini lasciati orfani alla nascita o madri che, non producendo latte a sufficienza per i propri gemelli, sono costrette a condannarli alla malnutrizione o a scegliere chi far sopravvivere.
Sono oltre 70 i bambini a cui il latte donato al St. Jude ha contribuito a salvare la vita. Mentre li incontro l’angoscia lascia spazio anche alla gratitudine e a una commovente consapevolezza: grazie a tanti che ci credono insieme a noi, che scelgono di rinunciare a regali tradizionali a favore di un Regalo Senza Frontiere, abbiamo in mano una penna magica con cui possiamo riscrivere il finale di innumerevoli storie, donando un lieto fine a vite che da sempre sembravano dannate.
Francesca Costantini – Responsabile progetti internazionali di “Insieme si può…”