Il penultimo posto
Ma cosa fai ogni giorno? Domanda che spesso mi sento porre. Penso altrettanto spesso alla risposta, che dipende poi anche da chi quella domanda l’ha posta. Ma dopo aver ascoltato l’educatore e musicoterapeuta Marco Anzovino in una delle due serate organizzate per sostenere la scuola di Antsakoafaly, in Madagascar, in memoria di don Elio Larese, ho deciso di prendere in prestito umilmente le sue parole e rispondere: il mio impegno quotidiano è cercare di stare al penultimo posto. Ma come, dirà chi pone la domanda, al penultimo? Almeno a metà classifica, se proprio puntare al podio non si riesce… No, no, proprio al penultimo posto.
Il posto del primo è quello di chi guida, a volte di chi comanda, ma il posto del penultimo è quello di chi cerca di guardare che l’ultimo non si perda, che se l’ultimo è stanco o ha sete gli fa coraggio o gli porge un bicchiere d’acqua per aiutarlo a proseguire, e che controlla anche che l’ultimo non resti troppo attardato rispetto al resto del gruppo perdendo la strada da seguire. Non è facile stare al penultimo posto, perché quotidianamente ti senti addosso la responsabilità, il timore di sbagliare qualcosa, o il peso dell’errore quando lo commetti, perché è inevitabile.
Nell’affiancare le persone e le famiglie in difficoltà del nostro territorio che si rivolgono a noi, l’impegno quotidiano si traduce in gesti concreti di aiuto per le famiglie, ma anche in tempo dedicato all’ascolto delle persone e in tempo investito per la condivisione di un progetto prospettico con le altre figure che sono lì insieme a noi, al penultimo posto.
Tutti possiamo occupare ogni posizione durante questo cammino, e non è che l’ultimo sia “meno” del primo: stando lì, al penultimo posto, però, cerchiamo di evitare per quanto possibile che l’ultimo di turno perda il sentiero. E poi, tutto è ripagato quando accade che l’ultimo, che ci camminava a fianco, ci supera.
Francesca Gaio – Responsabile progetti locali di “Insieme si può…”