Per chi resta indietro
Franca De Poi, responsabile del Gruppo del Vergante (NO) ma originaria di Sospirolo, è una delle prime persone coinvolte dopo la nascita di ISP il 3 febbraio 1983, contattata letteralmente il giorno dopo da Piergiorgio Da Rold. Ci racconta del suo impegno per le persone lontane e vicine come di una cosa naturale, che ha respirato fin da piccola e che ha permeato tutta la sua vita, durante la quale è stata ed è diretta testimone della costante lungimiranza della Provvidenza.
Presentati brevemente.
Mi chiamo Franca De Poi, ho 64 anni, abito a Massino Visconti in Provincia di Novara, sul Lago Maggiore, ma sono nativa di Sospirolo, cresciuta in una frazione vicina a quella di Piergiorgio, che da sempre è un mio grande amico. Sono sposata da 43 anni con Antonio, mamma di due figli e nonna di Filippo.
Come ti definiresti in tre parole?
Sostanzialmente sono una persona timida, anzi, direi molto timida, poi sono testona e curiosa.
Come definiresti ISP in tre parole?
Insieme si può lo definirei con una formula che ho usato tanti anni fa in un concorso in cui mi si chiedeva come dovrebbe essere l’ente pubblico: efficace, efficiente, economico, ma a ISP c’è l’aggiunta di un grande cuore.
Come hai conosciuto ISP?
Esattamente il 4 febbraio 1983, proprio il giorno dopo la sua nascita ufficiale. Piergiorgio mi telefonò – io abitavo già a Novara – felice di questa nuova esperienza che stava prendendo forma, ed ebbi all’inizio una sorta di nostalgia pensando che se fossi stata là anche io mi sarei subito aggregata, perché quello era anche un po’ lo scopo del mio modo di essere e del mio agire. Poi però ho pensato: diamoci da fare anche qui nel Vergante, proviamo a esportare quest’idea nata a Gron di Sospirolo!
Cos’ha fatto veramente scoccare la “scintilla” dell’impegno concreto?
Nella mia vita c’è sempre stata questa sorta di attenzione agli altri. Inizialmente ai più lontani: ho seguito fin da giovane le vicende di molti missionari, ero abbonata alla rivista “Mondo Missionario”, era un mondo che mi interessava. Per quanto riguarda le problematiche locali, ce l’ho un po’ nel DNA, perché mio papà era presidente dell’Ente Comunale di Assistenza e a casa mia – per quanto anche noi fossimo di famiglia modesta – sono sempre state accolte e ospitate persone in difficoltà, per quel che potevamo ovviamente, quindi per me è normale. Questa propensione l’ho poi condivisa con mio marito, a casa nostra negli anni sono entrate molte persone, anche solo per qualche giorno, nella semplicità: un letto, un pasto caldo, una doccia… Ma questo non per dire che siamo migliori di altri, è uno stile che abbiamo condiviso fin dall’inizio con naturalezza.
Qual è la “benzina” che nel tempo ha tenuto vivo quell’impegno?
Per quel che mi riguarda, come penso per altri volontari, è l’incontro: ogni giorno veniamo “sollecitati” dall’incontro con le persone e dalle loro problematiche, quindi o ti tiri indietro e dici basta, smettiamola, non si può cambiare il mondo, oppure vai avanti nel nome della fede, della giustizia, dell’uguaglianza… Ognuno poi ci mette quello che vuole: per me personalmente la “benzina” è la fede, ma anche un senso grande di giustizia.
Dato che sei una dei volontari della prima ora di ISP, sei la persona giusta a cui chiedere del titolo dell’Informa di questo mese: “40 anni di… Provvidenza”.
Finora non ho citato la Provvidenza, ma è stata presenza costante nell’attività di Insieme si può fin dall’inizio e spesso ha anticipato le nostre azioni, e comunque secondo me fino a quando la Provvidenza risponde vuole dire che stiamo agendo nel giusto. Avrei decine di esempi, non solo in termini economici, ne racconto giusto un paio. Un giorno mi telefona una signora, Michela, dicendo che desidera occuparsi di ammalati soli. Stavamo impazzendo per aiutare Stella che abitava in mezzo al bosco, ci volevano 20 minuti di cammino. Quasi tutti i volontari adatti lavoravano ed era difficile trovare il tempo. Ebbene, Michela l’ha accompagnata fino alla morte (aveva 60 anni) e ora si prende cura del marito. Non più tardi di un mese fa, invece, ci giunge una richiesta di legna per una famiglia in grande difficoltà, anch’essa isolata. Il carico non poteva essere inferiore ai 1.000 euro per il mezzo che la ditta doveva utilizzare. Abbiamo discusso sulla possibilità di pagare una cifra così alta per una sola famiglia, ma alla fine abbiamo confermato l’ordine. La Provvidenza, che ci vede lungo, mi ha fatto trovare sul conto esattamente 1.000 euro il giorno stesso. Causale: “Per chi resta indietro”.
Il tuo Gruppo è molto impegnato sia nel supporto dei progetti all’estero che con una grande azione a livello locale, per le famiglie in difficoltà della zona del Vergante. Uno degli slogan di ISP fin dalla sua nascita è stato “per vedere bene bisogna avere occhiali buoni per vedere sia da lontano che da vicino”…
La persona che ha bisogno è il vicino di casa o colui che sta a 6.000 km da casa tua, per me non c’è differenza. Certo, gli stimoli sono diversi e l’impegno cambia: in Uganda o Madagascar si tocca con mano la povertà più estrema e l’aiuto è forse più immediato; qui da noi la povertà assume altri connotati, ad esempio la solitudine, l’abbandono, le malattie psichiatriche, i maltrattamenti… Dimensioni molto più difficili da gestire, perché ci interpellano quasi quotidianamente, anche evidenziando le ambivalenze e le contraddizioni della nostra società.
Cosa sogni per il futuro di Insieme si può?
Sarebbe bello che Insieme si può non esistesse più, perché significherebbe che tutte le persone sono “libere e felici”, ma da quello che si vede non ci sono le premesse perché questo possa avvenire nel breve termine. Quindi dico che sarebbe bello il continuo rinnovamento, coinvolgendo nuovi volontari, giovani, famiglie: è un processo lento, lo so, ma il modello ISP è per me un modello valido sul quale continuare a basarsi per il futuro.
Per concludere, cosa significa per te essere ISP?
È uno stile di vita, non può ridursi al solo momento in cui si fa qualcosa di buono. Cambia la tua vita, entra nella tua famiglia, influenza la scelta delle persone che ti circondano. Io ringrazio di aver conosciuto ISP perché mi ha indicato la strada, pur con tante fatiche e sofferenze, perché quello con cui entro in contatto ogni giorno a volte fa male… Ma se non esistesse Insieme si può mi sentirei vuota, lo considero ormai la mia vita.