Uganda, Moroto… 10 anni dopo
Luglio 2014
Ho fatto il mio primo viaggio in Uganda con altre due ragazze, Elena e Chantal; ero una giovane studentessa di Scienze della Formazione Primaria, entusiasta e piena di voglia di mettersi alla prova. La maggior parte del tempo in Uganda l’ho trascorso a Moroto, in Karamoja, andando ogni mattina e ogni pomeriggio dalle Charity Sisters di Madre Teresa, una congregazione di suore che accoglie bambini dagli 0 ai 3 anni, orfani o che provengono da famiglie in condizioni di fragilità. L’idea di passare un mese intero con dei bambini mi entusiasmava, non era in fondo il lavoro per il quale mi stavo formando? Avremmo potuto giocare, disegnare, cantare…
L’impatto con la realtà, però, è stato di tutt’altra natura: ricordo ancora l’odore di urina e feci che mi rendeva difficile abbracciare o persino avvicinarmi ai bambini, ricordo che la maggior parte di loro non camminava né gattonava, anche se avrebbero dovuto saperlo fare a quell’età, ricordo che molti non sorridevano e sembravano sempre tristi, ricordo che praticamente nessuno parlava e che passavano gran parte della giornata a letto. Io e le mie compagne di viaggio eravamo scioccate: com’era possibile tutto questo? Cosa mai avremmo potuto fare con loro? Come avremmo comunicato? Dopo i primi giorni più impegnativi, però, ci siamo presto affezionate a tutti i bimbi presenti nella struttura e abbiamo trovato il nostro modo di stare con loro, di giocare, di cambiarli, coccolarli e nutrirli.
Agosto 2024
Sono passati dieci anni, nel frattempo mi sono laureata e ho alle spalle qualche anno di insegnamento; ho pensato di provare a tornare in Uganda per rivivere l’esperienza con occhi nuovi e forse più consapevoli.
Mi ritrovo di nuovo a Moroto, questa volta solo per una settimana, con l’impegno di passare i pomeriggi dalle Charity Sisters. L’emozione è davvero grande. Poco dopo aver varcato il cancello vengo accerchiata da un gruppetto di bambini: subito mi abbracciano e mi prendono per mano, iniziamo a fare il girotondo e alcuni di loro provano a ripetere le parole e a cantare insieme a me. Sono nuovamente scioccata, ma questa volta lo shock è positivo! Non riesco a credere ai miei occhi, a cosa è dovuto questo grande cambiamento? Una suora mi spiega che ora ogni bambino è affiancato da una figura di riferimento (genitore o parente) per tutta la durata del suo soggiorno in struttura, in modo da facilitarne il rientro nella comunità di riferimento. L’impatto di questa novità è evidente: i bambini più grandi parlano sia nella loro lingua locale che in inglese, tutti camminano e chi non riesce a farlo gattona.
I pomeriggi sono impegnativi ma gratificanti, riesco a parlare con i bimbi, giochiamo a palla, cantiamo canzoncine, rincorriamo e scoppiamo le bolle di sapone, addirittura disegniamo usando fogli e pastelli, una tra le attività più attese, anche perché comporta provare ad usare il temperino. A un lettore qualunque potrebbero sembrare cose da poco, normali per un bambino di quell’età, ma chi come me ha vissuto anche solo per un breve periodo quel luogo, può capire che tutti questi piccoli cambiamenti ne comportano in realtà uno enorme: la qualità di vita dei bambini, nel presente e soprattutto nel futuro.
Ho lasciato Moroto e i bimbi che ho incontrato con il cuore colmo di gioia e di gratitudine, perché ho realizzato che è vero, a volte bastano realmente piccoli gesti quotidiani per fare la differenza, come dare e ricevere cure, attenzioni e amore ogni giorno della nostra vita, a partire dal primo.
Sara Della Lucia