Per vent’anni con il cuore
Marilena Dander, responsabile del Gruppo ISP Fodom, ci racconta di un anniversario particolare celebrato ad inizio 2021. Con l’entusiasmo, la dedizione, l’operatività che hanno contraddistinto tutta la sua vita personale e lavorativa (non le piace per niente la parola pensione!), ripercorre gli anni di impegno per i più deboli, condiviso insieme agli altri membri. Fermarsi adesso? Neanche per idea, il nuovo sogno “blu” è quasi realtà.
Ciao Marilena, ti intervistiamo in un momento speciale appena trascorso per il Gruppo che rappresenti…
Sì, il nostro Gruppo è nato ufficialmente a gennaio 2001, quindi abbiamo da poco festeggiato i nostri primi 20 anni! Un traguardo importante, ne siamo orgogliosi.
Ci racconti qualcosa in più di questa nascita?
Un giorno, era più o meno l’autunno del 2000, facendo pulizie in soffitta mi è capitata in mano una copia del giornalino “365 giorni” (il report annuale delle attività dell’Associazione). Già da tempo, con mio marito, volevamo impegnarci per gli altri in qualche modo, ma non sapevamo come fare e chi coinvolgere. Accovacciata in soffitta, ho letto questo giornalino che raccontava i progetti che Insieme si può aveva realizzato nel mondo e sembrava proprio quello che avevo in mente! Ne ho parlato con mio marito e poi ci siamo attivati per provare a mettere insieme il Gruppo. Devo dire che non è stato facile all’inizio, far partire una cosa così dal niente… Mi sono anche demotivata. Passato un po’ di tempo, in posta incontro Rita, che purtroppo ci ha lasciati un paio di mesi fa, sorella della nostra missionaria suor Laura Rossi, ed ha subito accolto con entusiasmo la proposta. Abbiamo quindi iniziato a parlarne con amici e amiche del paese, che ci hanno creduto con grande convinzione: è nato così il primo nucleo del Gruppo, eravamo in una ventina di persone.
E, dopo la nascita, come è stata la crescita?
Non mi aspettavo il sostegno che fin da subito abbiamo ricevuto: chi con le offerte, chi con un contributo concreto in un’iniziativa o una mano nell’organizzazione di un mercatino. Ci siamo sentiti appoggiati dalla gente, mio marito era con me nel portare avanti tutto ciò. Quando l’anno dopo è mancato, sentivo di non avere più le energie per continuare questo impegno che avevamo voluto entrambi, e ho detto ai componenti del Gruppo che avrei fatto un passo indietro. Mi ha commosso sentirmi rispondere: “Ti aspettiamo, quando te la sentirai di tornare noi ci siamo”.
Ed oggi?
Sono orgogliosa di rappresentare il Gruppo ISP Fodom: in 20 anni i grandi riscontri che abbiamo avuto alle nostre iniziative ci hanno spronato a continuare e, anzi, a fare sempre qualcosa in più. Facciamo quello che sentiamo dentro, che proviene dai nostri cuori, per i bambini delle varie parti del mondo, i poveri e i sofferenti vicini e lontani, perché a tutti siano garantiti i diritti fondamentali. Purtroppo recentemente sono mancate due figure storiche del Gruppo, ma si aggiunge sempre qualcuno di nuovo che porta motivazione, entusiasmo ed idee.
Quindi, se dovessi definire il Gruppo Fodom in tre parole, diresti…
Gioia, entusiasmo e condivisione.
Invece ISP in tre parole?
Famiglia, condivisione e cuore.
Ormai è trascorso un anno dall’inizio della pandemia. Come sono cambiate le vostre attività?
Ovviamente all’inizio ci siamo fermati tutti perché è stata una cosa nuova, nessuno sapeva bene cosa fare. Il nostro Gruppo ha i suoi appuntamenti tradizionali, come la Sagra di San Pietro e Paolo ad Arabba, quella di San Giacomo a Pieve, i vari mercatini dell’artigianato, la domenica grassa con il Coro Fodom, il teatro con la Filodrammatica di Brunico, associazioni da sempre amiche.
Nel 2020 abbiamo potuto fare molto poco di tutto ciò, ci siamo incontrati pochissimo anche come Gruppo a causa delle restrizioni. Ma nonostante questo le persone hanno manifestato la loro generosità facendoci comunque arrivare in vari modi le offerte per i progetti di Insieme di può: sanno che, anche nella difficoltà, non ci fermiamo, ma portiamo avanti i nostri obiettivi con il cuore.
L’obiettivo che vi siete dati adesso è una bella “prova di maturità”, tra l’altro in tempo di pandemia, visti i 20 anni, . Ce lo vuoi raccontare?
Per questo compleanno speciale e in un momento tanto particolare abbiamo deciso di impegnarci per costruire un pozzo in Uganda, l’abbiamo chiamato “un pozzo per la vita”. L’acqua è simbolo di vita e speranza, lo stiamo vedendo quotidianamente, e vogliamo donarle ad un villaggio, che potrà così guardare con occhi nuovi al futuro. Non siamo molto distanti dal raggiungere il traguardo, abbiamo coinvolto anche le scuole e i bambini del paese perché il pozzo sia un ponte che unisce due comunità, anche se distanti tra loro, e le faccia camminare fianco a fianco verso il domani.
Cosa ti auguri per il futuro del Gruppo?
Di procedere così, in un clima di accordo, con nuove idee e nuovi stimoli; poi di riuscire a coinvolgere sempre nuove persone e di portare il messaggio della solidarietà, del “fare la propria parte”, qui tra le nostre valli.
E per l’Associazione?
Di mantenere l’umanità, la vicinanza con le persone, il clima di famiglia.
Concludiamo con questa domanda: cosa significa, secondo te, essere Insieme si può?
Condividere, avere un obiettivo comune da raggiungere per aiutare il prossimo: capire la nostra grande fortuna e donarne una parte a chi ne ha più bisogno.