Contro l’indifferenza che uccise il mondo (e il nostro cuore)

Purtroppo dobbiamo onestamente ammettere che la reazione dominante di fronte:

  • ai bambini uccisi e ai neonati morti dal freddo a Gaza
  • al milione di bambini che vivono in tende di fortuna nel mondo
  • ai 25.000 bambini morti ieri di fame in Somalia, Sudan, Yemen…
  • ai bambini costretti a lavorare fin da piccoli per guadagnare qualcosa per la famiglia

è l’INDIFFERENZA. Con la giustificazione che “tanto non si può far nulla”, l’INDIFFERENZA diventa una condanna a morte di tutto ciò che disturba il nostro quieto benessere. Essere indifferenti di fronte a quel bambino di Gaza morto di freddo o a un giovane soldato ucraino rimasto senza braccia a causa di una mina, equivale a dirgli: “Tu per me conti zero. Tu non meriti neppure un mio pensiero. Tu per me non esisti!”.

Certo non è facile rispondere a così tante necessità, ma è altrettanto certo che qualcosa si può e quindi si deve fare.

La prima cosa è INDIGNARSI di fronte a quello che sta succedendo nel mondo. Finiamola di anestetizzare il nostro cuore dal dolore che la vista di tante cose brutte potrebbe procurarci. L’illusione che un forte anestetico possa aiutarci a vivere meglio porterà solo alla morte del cuore.

La seconda è VERGOGNARSI perché, volenti o nolenti, consapevoli o meno, siamo comunque corresponsabili delle tragedie del mondo. Qualcuno di voi si è mai chiesto perché nei nostri supermercati 1 kg di mele del Trentino costa 5 euro, mentre 1 kg di banane provenienti dal Centro America costa 0,99 euro? Se quei 5 euro garantiscono una vita decente al contadino italiano, sarà lo stesso per quello sudamericano? Oppure sarà uno di quelli che non potranno garantire un’adeguata istruzione ai propri figli, assieme a cibo e acqua sufficienti per non entrare nella lista dei 25.000 che non ce la faranno ad arrivare a domani? Qualcuno si è mai chiesto cosa c’è dietro a un telefono cellulare e se il prezzo che paghiamo per averlo ripaga adeguatamente chi con il proprio lavoro – a partire dai minatori, molti dei quali bambini, che in Congo estraggono i minerali rari indispensabili al suo funzionamento – contribuisce in modo determinante alla sua realizzazione?

La terza è IMPEGNARSI tutti. In fondo basta davvero poco per “fare la differenza” nella vita di una persona. Garantire l’istruzione a un bambino, cibo e acqua a un profugo, una carrozzina o una protesi a un giovane che ha perso una gamba o entrambe le braccia, non cambierà il “grande mondo” dei Trump, dei Putin, degli Elon Musk, ma certamente cambierà il mondo di quella persona di fronte alla quale non siamo rimasti indifferenti, chiudendo gli occhi e alzando le spalle, ma abbiamo aperto un cuore solidale.

Piergiorgio Da Rold