La Pace è responsabilità nostra
Papa Francesco nella conclusione del suo messaggio per la Giornata della Pace sottolinea come ogni persona deve prendersi le sue responsabilità in fatto di pace. Il Dio di ciascuno e il cuore di ognuno ci dicono che l’uomo è fatto per la pace, ci dicono che l’umanità aspira ad essere una grande famiglia. Per arrivare a questa Pace, ciascuno è chiamato a fare la propria parte, a percorrere ogni giorno sentieri di giustizia, a chiedersi ogni volta quale sia la ricaduta di ogni suo gesto, senza pensare in termini di audience (ce lo spiegava già Gesù quando diceva di operare nel segreto, senza volere gli applausi del mondo), ma solamente confrontandosi con la sua coscienza.
Ogni uomo, ogni donna, portano con sé, dentro il proprio cuore, il diritto a essere uomo o donna in qualsiasi posto, in qualsiasi tempo e in qualsiasi situazione. Questi diritti dell’umanità sono ciò che ci distinguono su questa Terra e per questo sono stati codificati in modo che nessuno ne sia estraneo. Ognuno di noi porta con sé questi diritti e nessuno può solo minimamente pensare di toglierli a qualcuno… Pensare di rinchiudere l’uomo in categorie, classi, razze, o religioni, pensare di distinguere tra etnie, pensare di salvare un costume o una tradizione in quanto frutto di una storia che non esiste senza gli altri, è un atto dis-umano, un pensare contro il nostro essere uomini e donne.
Ogni popolo, in quanto comunità, porta con sé valori che si rifanno ai diritti dei singoli, potenziandoli; ogni popolo ha diritto alla sua terra, ma dove questo diritto fosse in pericolo o fosse venuto meno, ogni popolo, ogni figlio di questa umanità ha il diritto di cercare la sua felicità in qualsiasi posto. E qualsiasi posto di questa Terra dovrebbe chiamarsi casa per ogni suo abitante.
L’attivarsi contro la migrazione è antistorico, oltre che fuori dal solco dell’umanità. Non comprendere che l’umanità è fatta di persone che si muovono a volte da sole, altre volte con la famiglia, altre volte ancora in gruppi più o meno numerosi è voler restare fermi su degli schemi dettati dal colonialismo e dal post-colonialismo. L’umanità e il suo progresso hanno bisogno di essere accolti con progetti di integrazione e sviluppo, non di trovare muri e respingimenti. Non si tratta di qualcuno che porta via qualcosa a qualcun altro, ma di progettare insieme una comunità migliore. Non credo, non crediamo, che l’integrazione sia una rinuncia, semmai un arricchimento.
E pure mettere in atto il motto latino “se vuoi la pace, prepara la guerra” è anacronistico e va contro i diritti dei più deboli: sprecare le poche risorse in costosi armamenti destinati a uccidere – ancora una volta, gli ultimi – è andare contro la natura sociale dell’uomo. Di questi tempi dovremmo aver capito che, anche economicamente, è più intelligente prodigarsi alla convivenza pacifica che non armare eserciti sempre più costosi. E il tirare in ballo in queste vicende anche il Signore dei cieli è una bestemmia poiché Dio, qualunque Dio, ha a cuore il debole e l’oppresso, l’ultimo e lo straniero. E, per chi non crede, è un atto di scaricabarile, un atteggiamento da Pilato.
La Pace è responsabilità nostra, di ciascuno di noi: facciamo piccoli gesti di pace e di giustizia, cominciamo a pensarci veramente uguali. Rendiamo il mondo migliore a cominciare da adesso, a cominciare da qui.
Daniele De Dea – Presidente dell’Associazione Gruppi “Insieme si può…” onlus ONG