“Piano Mattei” per l’Africa: fumo negli occhi?
Nei giorni scorsi, 25 capi di Stato e di governo di Paesi africani si sono ritrovati a Roma, convocati dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per illustrare loro il “Piano Mattei”, che si prefigge di investire 5,5 miliardi di euro in progetti di sviluppo per l’Africa. A smorzare gli entusiastici annunci di quella che è stata definita “una nuova, straordinaria pagina dello sviluppo di quel continente” sono stati da una parte gli stessi capi africani, che hanno lamentato di non essere stati finora coinvolti nell’elaborazione di nessun progetto, e dall’altra le numerose ONG che, nonostante da decenni lavorino per lo sviluppo di quei Paesi, sono state completamente ignorate.
Molte perplessità hanno suscitato anche i fondi messi a disposizione dal Governo Italiano. I 5,5 miliardi di euro promessi in realtà non sono “soldi in più”, ma saranno presi: 2,5 miliardi dai fondi per la Cooperazione Internazionale e 3 miliardi dai fondi per il clima. A beneficiare di tutto questo saranno soprattutto varie imprese italiane (all’incontro erano presenti i vertici di 12 grandi società tra cui Eni, Enel, Leonardo, Snam…), che riceveranno aiuti milionari per fare dei lavori in Africa (speriamo almeno utili) e per portare a casa, a prezzi favorevoli, risorse energetiche e minerarie. Si potrebbe dire quindi che, invece che “aiutiamoLI a casa loro”, si punti ora su “aiutiamoCI a casa loro”. Gli obiettivi principali del “Piano Mattei” sono infatti ben chiari:
1) fermare le partenze dei “migranti clandestini”;
2) accedere alle risorse energetiche (petrolio e gas), ai minerali strategici e alle terre coltivabili di cui i Paesi africani sono ricchissimi.
Il timore è che tutto si svolgerà come nel 2009, quando l’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi convocò a L’Aquila una riunione del G8 (i Paesi più ricchi e potenti della Terra) per concordare un piano di sviluppo dell’Africa. Di quel piano oggi non rimane nulla, se non le foto di gruppo. Da allora l’Africa ha invece conosciuto 8 colpi di stato, decine di guerre locali, carestie devastanti, migrazioni bibliche, una vera e propria invasione economica ad opera della Cina e politico-militare da parte della Russia. L’Italia, per esempio, non ha mai rispettato il proprio impegno di destinare lo 0,7% del PIL alla Cooperazione Internazionale. Ultimi in Europa, al massimo siamo arrivati allo 0,2% includendo anche gli aiuti a Libia e Tunisia perché blocchino i profughi nei loro Paesi, anche se questo significa ridurli in schiavitù in veri e propri campi di concentramento, venderli ai trafficanti di uomini, abbandonandoli a morire nel deserto, così come tante volte le agenzie dell’ONU e numerose ONG hanno denunciato.
Al di là dei proclami, la presunzione di avere noi le risposte giuste per i loro problemi, ci ha portato a dire a capi africani convocati a Roma: “Noi sappiamo di cosa avete bisogno. Lasciateci lavorare e vedrete che ci penseremo noi a risolvere i vostri problemi. Al massimo dateci la manodopera che ci serve e che voi avete in abbondanza”. Purtroppo lo sviluppo reale di un Paese non funziona così. Non ha funzionato nel passato (quando comandavamo noi europei con il colonialismo) e non funzionerà neppure domani per un semplice motivo: le soluzioni che vengono proposte oggi sono le stesse che ieri hanno permesso al 20% della popolazione mondiale più ricca di usare consumare e sprecare l’86% di tutte le risorse e a creare un mondo in preda a una settantina di guerre e con decine di milioni di profughi. Un mondo triste e sempre più disperato. La vera rivoluzione per l’Africa sarebbe invece quella di annullare il debito estero che i vari Paesi del continente hanno sottoscritto con i Paesi ricchi a partire dagli anni ‘70 del 1900 e iniziare davvero a lavorare “con loro” piuttosto che “per loro”. Negli ultimi anni sono falliti il Ghana, lo Zambia, l’Etiopia e numerosi altri Paesi hanno dovuto rinunciare alla sovranità di parti consistenti del proprio territorio per far fronte al pagamento di debiti, peraltro già ampiamente pagati se non fosse per i tassi da strozzini applicati.
Spero di sbagliarmi, ma credo proprio che il “Piano Mattei”, così come sembra pensato, alla fine gioverà ai pochi che già vivono bene (noi per primi), piuttosto che ai più, che oggi sopravvivono a stento o addirittura muoiono di fame. La conseguenza sarà che i primi andranno avanti, mentre gli altri rimarranno – ancora una volta – più indietro.
Piergiorgio Da Rold