Il nostro Afghanistan di questi giorni
Un’apprensione senza fine. Lo sconcerto, la rabbia. La disillusione, l’orrore, la speranza.
Queste ultime settimane sono difficilissime per tutti noi, che con “Insieme si può…” ci impegniamo da quasi 20 anni a sostegno della popolazione afghana, delle donne, dei bambini e delle vittime di guerra. Proprio in questi anni sono diventati parte della nostra vita un sacco di progetti cui ci siamo affezionati, progetti di frontiera e di coraggio. Come la coltivazione dello zafferano per le donne ad Herat, le centinaia di capre distribuite come microcredito a vedove e vittime di guerra in tutto il Paese, la clinica che si stava ultimando, le scuole di alfabetizzazione, il sostegno a molte bambine e donne nella loro formazione umana, professionale, artistica. Ma soprattutto sono entrate nella nostra vita, ci siamo legati profondamente a loro: le donne coraggiose di RAWA, di AFCECO, di Saajs e di molte altre organizzazioni che in prima fila si sono schierate per la difesa dei diritti umani e civili della loro gente, a rischio della loro stessa vita. Donne che in molti casi sono state un tempo beneficiarie del sostegno dei progetti di solidarietà e cooperazione promossi e realizzati da “Insieme si può…” e dalle altre organizzazioni nostre amiche, oggi sono diventate le responsabili sul campo di quegli stessi interventi, di quegli stessi movimenti straordinari: non solo hanno ridato speranza alle bambine, alle donne e ai più disgraziati del loro Paese, hanno illuminato ed ispirato milioni di persone nel mondo.
La velocissima conquista da parte dei Talebani della stragrande maggioranza del Paese, sino alla capitolazione di Kabul il 15 di agosto, ha ammantato di tenebre e orribili presagi il presente e il futuro di giustizia e inclusione che si stava lentamente facendo largo, passo dopo passo in un Paese devastato.
La preoccupazione di ciascuno è anche questa volta per gli ultimi, i disperati, che in Afghanistan – uno degli Stati più poveri e oppressi in assoluto al mondo – rappresentano la maggioranza della popolazione… Le famiglie con i bambini che cercano riparo non si sa dove e non si sa come, privati di tutto, in un Paese al collasso dal quale quasi tutte le agenzie di aiuto internazionali sembrano essere fuggite. Le minoranze etniche e religiose, oggetto di feroce persecuzione e di dichiarate intenzioni di sterminio. E poi loro, le donne che si sono sempre esposte nella difesa dei diritti umani, che hanno levato la loro voce con coraggio nel denunciare i fondamentalisti, i signori della guerra, il governo corrotto, gli eserciti occupanti il loro Paese, donne che hanno fatto della resistenza a Talebani e Isis la loro personale missione di vita. Queste donne rappresentano l’Afghanistan migliore, quello – forse l’unico – coerente e credibile, privo di secondi fini: donne che hanno a cuore il destino degli ultimi e si battono con ogni mezzo per sollevarne la condizione garantendo libertà, istruzione, salute, dignità umana. Queste donne sono le nostre amiche, le nostre sorelle, che abbiamo conosciuto e ospitato molte volte qui in Italia, che hanno arricchito la vita di gruppi, scuole, migliaia di persone dalla nostra società civile, svegliato le nostre coscienze. Donne che ci hanno accolto e protetto nei viaggi-missione in Afghanistan in visita ai nostri progetti.
Sono le donne più esposte e più in pericolo. Pensando al loro destino, in queste settimane, abbiamo avuto il cuore in gola, abbiamo incrociato le dita confidando in qualcosa, abbiamo pianto. Le donne di RAWA, di AFCECO, di Saajs anche oggi hanno deciso di rimanere nel loro Paese, al fianco della loro gente, dei loro bambini, a testimoniare una volta di più – nel momento forse più difficile – che l’impegno non cambia ed assume ancor più valore quando le condizioni di contesto sono drammatiche e il mondo intorno non ha che te per sperare. Noi di “Insieme si può…” non vogliamo dimenticarle, né lasciarle sole, oggi più che mai. Vogliamo dare il nostro sostegno e contributo all’impegno loro e delle loro organizzazioni locali, cui siamo al fianco da 20 anni.
E gli scenari di queste settimane, dei prossimi mesi?
In attesa di capire come i nostri progetti di sempre, fatti assieme, potranno e dovranno essere riorganizzati, già le nostre donne si stanno attivando per riprendere immediatamente il sostegno concreto in favore dei campi profughi improvvisati in cui affluiscono un numero sempre maggiore di sfollati interni (Internally Displaced Persons), provenienti da tutto il Paese: decine di migliaia di persone in gravi condizioni igieniche e sanitarie, spesso privati anche dei più basici beni di prima necessità, privi di tutto. Saranno distribuiti cibo, vestiti, tende e coperte, materiale per l’igiene.
Per questo abbiamo lanciato come “Insieme si può…” un progetto di emergenza, cui ciascuno può contribuire con una donazione (causale: EMERGENZA AFGHANISTAN). Con questo progetto speciale, vogliamo aiutare le persone più povere e disperate in questo momento così terribile e al contempo sostenere con un aiuto straordinario la sopravvivenza di queste stesse organizzazioni, di queste DONNE che sono un patrimonio per tutto il mondo che ha a cuore i diritti umani: sono state da sempre e continuano oggi ad essere una luce. Per non spegnere anche l’ultima speranza, per non arrendersi all’orrore.
Siamo in costante contatto con queste responsabili di progetti e organizzazioni, contatto “acrobatico” viste le condizioni di estrema insicurezza cui sono esposte. Siamo anche riusciti, nei primissimi giorni di settembre, a realizzare un’intervista in esclusiva per “Insieme si può…” con una responsabile di RAWA, Mariam. Si tratta di una testimonianza in diretta dal campo, preziosa, di cui estraiamo qui alcuni passaggi fondamentali. Il testo integrale è riportato in un articolo di approfondimento.
“Non ci aspettavamo assolutamente un così rapido collasso dell’amministrazione e del governo, ma gli ultimi giorni erano veramente terrificanti, perché ogni singolo giorno sentivamo che una o l’altra provincia stavano cadendo e che i Talebani stavano arrivando. Kabul era già sotto assedio dei Talebani, completamente circondata. Si capiva che la polizia, i militari e gli ufficiali dell’amministrazione afghana non avevano alcuna forza morale che li portasse a combattere contro i Talebani, si erano già arresi. E ricordo esattamente il giorno in cui i Talebani sono entrati a Kabul. Ero fuori, vicino all’Ufficio Passaporti, e si vedeva la gente terrorizzata che cercava di scappare. E nessuno sapeva dove stesse scappando, perché tutti erano terrorizzati dall’idea di combattere, dalle bombe, dai razzi.
Tutti sono assolutamente convinti che i tempi bui e le dittature non durano mai per sempre. Le persone hanno imparato molto e le donne sono molto più forti di prima, troveranno sicuramente il modo adatto e più sicuro di lottare.
In Afghanistan abbiamo un detto, “i veri amici son quelli che arriveranno a sostenerti nelle difficoltà”. E credo che sia vero. Ora, qualsiasi movimento, gruppo, volontario, organizzazione, o anche giovane studente che si farà avanti per parlare dell’Afghanistan e per aiutare noi o qualsiasi altra organizzazione, in qualunque modo possibile, sarà davvero importantissimo per noi. In questi ultimi decenni molti gruppi, ONG, organizzazioni e media hanno lavorato in Afghanistan, ma ora le cose sono cambiate radicalmente. Ora, da un lato vediamo che le necessità delle persone emozionalmente, mentalmente, fisicamente, economicamente sono aumentati tantissimo… C’è tanto bisogno di aiuto, di amore. Dall’altro lato, se questa solidarietà e questo supporto e aiuto saranno interrotti, allora le persone in Afghanistan saranno lasciate sole, dimenticate e veramente deluse. Le cose che le organizzazioni occidentali possono usare, per essere la voce delle donne e delle persone Afghane, è ascoltare le vere storie, le informazioni di prima mano dall’Afghanistan e poi portarle ai media, ai social media e nelle varie iniziative che hanno la possibilità di realizzare.”