Riscopriamo la stella del desiderio
Mi ha davvero colpito un articolo di David Brooks sul New York Times di qualche settimana fa, “La marea montante della tristezza mondiale” si intitola. L’opinionista del NYT mette in fila un po’ di dati tratti da varie ricerche. Da quella dei ricercatori Charlotte Brand, Alberto Acerbi e Alex Mesoudiche, che hanno analizzato più di 150.000 canzoni pop pubblicate tra il 1965 e il 2015 e ne hanno tratto questa conclusione: la comparsa della parola “amore” nelle prime 100 hit si è quasi dimezzata. Nel frattempo, il numero di volte in cui tali canzoni contenevano parole di emozioni negative, come “odio”, è aumentato notevolmente. Non è troppo diverso il dato che si trae dalla ricerca di David Rozado, Ruth Hughes e Jamin Halberstadt che hanno analizzato 23 milioni di titoli pubblicati tra il 2000 e il 2019 da 47 testate giornalistiche popolari negli Stati Uniti, anche i titoli sono diventati significativamente più negativi, con una percentuale maggiore di titoli che denotano rabbia, paura, disgusto e tristezza. I titoli nei media di sinistra sono diventati molto più negativi, e i titoli nelle pubblicazioni di destra ancora di più. Non abbiamo ricerca analoga in Italia, ma mi sa che i risultati sarebbero uguali se non peggio.
Non c’è dubbio che la negatività nella cultura e nei media riflette la negatività nella vita reale. Ogni anno Gallup interpella circa 150.000 persone in oltre 140 Paesi sulla loro vita emotiva. Le esperienze di emozioni negative – legate a stress, tristezza, rabbia, preoccupazione e dolore fisico – hanno raggiunto un livello record nel 2021. Gallup chiede alle persone in questo sondaggio di valutare le loro vite su una scala da zero a 10, dove zero significa che stai vivendo la tua vita peggiore possibile e 10 che stai vivendo al meglio. Sedici anni fa, solo l’1,6% delle persone in tutto il mondo valutava la propria vita come zero. A partire dall’anno scorso, la percentuale di persone che denunciano le peggiori vite possibili è più che quadruplicata. Le emozioni negative stanno aumentando in India e Cina, Brasile e Messico e in molte altre nazioni. Molte persone sono piuttosto infelici al lavoro. Nel sondaggio più recente, Gallup ha scoperto che il 20% di tutte le persone si sente realizzata nel lavoro, il 62% è indifferente al lavoro e il 18% è infelice. In Italia, dice sempre Gallup, abbiamo i lavoratori più tristi d’Europa: sono tristi senza essere arrabbiati e sono stressati senza avere grandi prospettive di cambiamento.
Parte del problema è il declino delle comunità e lo smarrimento del senso di appartenenza. I sondaggi indicano che quasi 2 miliardi di persone sono così infelici nel luogo in cui vivono che non consiglierebbero la loro comunità a un amico. Ma pesano moltissimo la povertà e l’aumento della miseria fisica. Eppure luoghi come la Cina e l’India sono diventati molto più ricchi. Ma lo sviluppo non porta necessariamente a guadagni di benessere, in parte perché lo sviluppo è spesso accompagnato da una crescente disuguaglianza.
Se i livelli di miseria continuano a salire, se le diseguaglianze aumentano cosa possiamo aspettarci in futuro? Livelli crescenti di populismo, per esempio. E in secondo luogo, maggiori disordini civili e conflittualità sociali. Clifton ha osservato che secondo il Global Peace Index, il malcontento civico – rivolte, scioperi, manifestazioni antigovernative – è aumentato del 244% dal 2011 al 2019.
Viviamo in un mondo di crescente disuguaglianza emotiva. Il 20% più ricco del mondo sta vivendo il più alto livello di felicità e benessere da quando Gallup ha iniziato a misurare queste cose. Il 20% più povero sta vivendo sempre peggio. È una situazione fondamentalmente ingiusta e instabile. La salute emotiva del mondo sta andando in frantumi. I dati e le ricerche proposte da Brooks si riferiscono all’anno scorso quando ancora le turbolenze economiche e sociali provocate dall’aggressione russa in Ucraina non erano in corso, non è difficile perciò immaginare che lo scenario sia ancor peggiore e che la marea della tristezza mondiale raggiunga livelli ancora superiori.
È evidente che alla marea della tristezza non basta opporre la retorica delle buone notizie o proporne una quota obbligatoria, occorre una medicina più tosta, decisiva. Occorre, come suggerisce il mio amico psichiatra Cesare Cornaggia in un libro che consiglio, mettersi “Dalla parte del desiderio” (che del libro è il titolo) riscoprendolo, il desiderio, come vocazione, come mancanza e perciò spinta a non accontentarsi mai. Mentre il nostro tempo e il linguaggio comune solitamente confondono il desiderio col capriccio, il desiderio con l’arbitrio, il desiderio col fare quello che si vuole, dobbiamo provare a pensare il desiderio come vocazione, dobbiamo dissociare il desiderio dal capriccio e dobbiamo pensare che il desiderio è ciò che dà senso alla vita, non è ciò che dissipa la vita, non è ciò che disperde la vita, ma è ciò che dà unità, senso, profondità alla vita. Allora il desiderio è una vocazione, ma è anche una forza, una spinta: il desiderio è energia, una forza che apre le porte, apre i mondi, allarga l’orizzonte del nostro mondo e contrasta la marea della tristezza. Il nostro è il tempo di una grande crisi della sfida educativa, la malattia principale è proprio l’eclisse del desiderio, è la perdita del desiderio, il tramonto del desiderio.
Papa Francesco il 12 ottobre scorso in una catechesi del mercoledì ha detto: «Il desiderio è una nostalgia di pienezza che non trova mai pieno esaudimento, ed è il segno della presenza di Dio in noi. Il desiderio non è la voglia del momento, no. La parola italiana viene da un termine latino molto bello, questo è curioso: de-sidus, letteralmente “la mancanza della stella”, desiderio è una mancanza della stella, mancanza del punto di riferimento che orienta il cammino della vita; essa evoca una sofferenza, una carenza, e nello stesso tempo una tensione per raggiungere il bene che ci manca. Il desiderio allora è la bussola per capire dove mi trovo e dove sto andando, anzi è la bussola per capire se sto fermo o sto andando, una persona che mai desidera è una persona ferma, forse ammalata».
Per fermare la marea montante della tristezza occorre perciò ritrovare la stella del desiderio. Pochi giorni fa Edgar Morin ha scritto questo augurio per il nuovo anno in un suo canale social:
Amici, nel prossimo anno
L’umanità è alla deriva
Abbiamo bisogno di molto coraggio
E non la rabbia e il furore
per affrontare notte e mattina
Avversità e incertezza
Se la verità è la vostra passione
Moltiplicate le fonti di informazione
E unitevi alla festa di Eros
Contro il mortale Thanatos
Anche il suo è un invito a riscoprire i sentieri del desiderio smettendo di percorre quelli del capriccio.
(Riccardo Bonacina – tratto da Vita.it)