
I progetti sono sogni con delle scadenze
Matteo Fiorini, milanese, è uno dei fondatori dell’associazione Xmas Project, con cui ISP a dicembre ha realizzato il Librosolidale raccontando il progetto “Chi se le fila?”, la sartoria sociale realizzata nello slum di Namuwongo, a Kampala (Uganda), per garantire un’attività generatrice di reddito ad alcune donne in situazione di vulnerabilità. Dall’idea alla base dell’associazione all’impegno che continua da 25 anni, dai sogni per il futuro all’augurio di “immegliarci”, tutti.
Presentati brevemente.
Sono Matteo Fiorini, attualmente presidente e uno dei soci fondatori dell’associazione Xmas Project. Ho 53 anni, sono nato e cresciuto a Milano – che nonostante la sua complessità è la città del mio cuore – e sono papà di 4 figli. Lavoro da 30 anni nel settore della comunicazione, nello specifico della comunicazione multilingue, e sono appassionato di viaggi, di scoperte, di storie dal mondo.
Come ti definiresti in tre parole?
Ne dico quattro: sognatore; “connettore” di persone, cose, idee, mi piace metterle in relazione tra loro; poi sono una persona molto creativa, anche se determinata.
Come definiresti ISP in tre parole?
Per quello che ho potuto vedere e capire di ISP in questo percorso fatto insieme la considero una realtà concreta, efficace, poetica al punto giusto… Anche qui ne aggiungo una, ovvero innovativa, perché trovo che mettere in piedi un’associazione composta da gruppi, che quindi possa ramificarsi così tanto sui territori, sia un’idea molto interessante e intelligente.
Come hai conosciuto ISP?
Ogni anno in primavera qui a Xmas Project riceviamo da enti, ONG e realtà del terzo settore delle proposte di progetti per il Librosolidale. Nel 2024 una delle idee è arrivata a nome di Insieme si può da Stefania Ceruso (rappresentante Paese di ISP in Uganda, ndr), con cui avevamo già collaborato in passato.
Ci racconti come è nata l’associazione Xmas Project?
Xmas Project nasce nel 2001 attorno a un tavolo dove si siedono 14 amici di vecchia data, un gruppo di trentenni che da quando ha 14 anni si frequenta, un gruppo con alle spalle un’esperienza di impegno sociale soprattutto in associazioni legate al tema della sieropositività, all’assistenza di famiglie e bambini con AIDS, un’esperienza molto forte, che ci ha tenuto uniti nel tempo. Poi ognuno ha costruito la propria vita, tra lavoro, famiglia, figli e il tempo per dedicarsi al sociale è pian piano diminuito, ma era una cosa che un po’ ci pesava quindi abbiamo deciso di trovare una modalità per fare comunque ancora qualcosa insieme in ambito sociale. Occupandoci più o meno tutti di comunicazione, editoria, scrittura, creatività ci è venuta l’idea di realizzare un nostro libro, ma con l’obiettivo che fosse un libro speciale, portatore di un messaggio, di una “carica” sociale, che potesse creare delle opportunità nuove: è nato così il Librosolidale.
Ci spieghi meglio l’idea del Librosolidale?
È il centro dell’associazione ed è stato per tanti anni l’unico strumento per agire e raccontarci. L’idea di fondo di Xmas Project è quella di finanziare progetti di solidarietà attraverso il Librosolidale, che non solo sostituisce il regalo di Natale evitando il disagio di dover fare regali inutili – da qui il nome dell’associazione – ma che porta con sé anche un pensiero e un’azione concreta nei confronti di chi vive in situazione di difficoltà. È un libro autoprodotto, viene realizzato in tutte le sue parti da noi insieme all’associazione partner, e poi lo stampiamo, che è l’unico costo nella produzione. È un volume molto fotografico, con testi che negli anni sono diventati sempre più curati parallelamente alla nostra crescita come Xmas Project. È diviso in tre parti: la prima presenta il progetto sostenuto; la seconda è un contenitore di contributi editoriali scritti dalle diverse persone che vengono a contatto con il libro, che donano liberamente il proprio pensiero sull’argomento; la terza parte è il resoconto dei progetti realizzati negli anni… Nel 2025 sarà la 25a edizione!
Aggiungo che, accanto al libro, negli ultimi 10 anni abbiamo anche sviluppato un kit didattico per il lavoro nelle scuole primarie e secondarie di tutta Italia, per portare all’interno delle classi le tematiche delicate e importanti di cui parlano i progetti sostenuti, con dei riscontri sempre stupefacenti da parte degli studenti.
Il Librosolidale realizzato lo scorso Natale con ISP racconta del progetto “Chi se le fila?”, la sartoria sociale realizzata nello slum di Namuwongo, a Kampala, in Uganda. Perché è stato scelto di raccontare proprio questo progetto?
Una perfetta sintesi è la frase scritta nella prima pagina del libro, dell’artista sarda Marina Lai: “Mi chiedo cosa vuol dire cucire? Un ago entra ed esce lasciandosi dietro un filo, segno del suo cammino che unisce luoghi e intenzioni”. Quello che ci ha colpito di più di questo progetto è la possibilità di poter creare delle opportunità di relazioni virtuose e di futuro in uno spazio drammatico come quello di uno slum: l’idea di aprire una sartoria con queste donne in situazione di vulnerabilità ha un valore inestimabile di animazione sociale e di riscatto, il mettersi insieme per “ricucire” la propria vita e ricreare un orizzonte nuovo rispetto a quello che purtroppo è spesso un destino scontato in questi contesti. Un altro elemento importante è anche la riconversione di un container abbandonato per realizzare la colorata sede della sartoria, che ogni giorno viene vissuta da persone. Poi ce ne sono molti altri, ma l’intervista verrebbe troppo lunga…
Qual è secondo te il valore di realizzare progetti di autosostentamento?
Sono quelli che ci piacciono di più, perché le cifre con cui sosteniamo i progetti non sono in sé enormi, ma sono abbastanza significative in alcuni contesti, e lo sono ancora di più se servono a finanziare un’iniziativa che ha bisogno di un investimento iniziale per avviarsi e poi prosegue alimentandosi da sola.
Qual è la “benzina” che, dopo tanti anni, ti motiva ancora nell’impegno per gli altri e in queste iniziative di solidarietà?
Arriva dagli incontri che facciamo, dalle storie, dalle persone e dalle realtà che si impegnano e agiscono per rendere il mondo un posto un po’ migliore e che conosciamo anno dopo anno. E poi arriva dalle scuole: lo scorso anno sono state coinvolte più di 200 classi sparse per l’Italia, e vedere questi bambini e ragazzi esprimersi significa costruire il futuro.
A proposito di futuro, cosa ti auguri per il futuro di Xmas Project?
Se guardo indietro e vedo che siamo arrivati a un quarto di secolo con la nostra associazione, agendo solo su base volontaria, dico che è un successo insperato e di cui siamo molto orgogliosi. C’è una frase che usiamo spesso: “i progetti sono sogni con delle scadenze”, che è un po’ quello che ci siamo detti fin dall’inizio. Mi auguro che le nuove generazioni, i giovani che hanno iniziato a collaborare con noi, portino avanti l’idea alla base di Xmas Project, magari con modalità diverse ma con lo stesso spirito sognatore e contemporaneamente concreto.
E per il futuro di ISP?
Mi viene da dire ogni bene, che continui a lavorare così. Speriamo di poter fare altri pezzi di strada insieme, per noi è stata una delle esperienze più positive perché si è creata una sintonia molto particolare sulle modalità di vedere le cose e di agire.
Per concludere, cosa significa per te essere ISP?
Significa lavorare con e non lavorare per, metterci le mani, sedersi allo stesso tavolo delle persone che abbiamo davanti, co-operare insieme. Aggiungo una riflessione del cantautore Vinicio Capossela, che dice che per provare ad attivare un antidoto alla paura e alla rassegnazione dei tempi che stiamo vivendo bisogna “immegliarsi”, ovvero rendersi migliori, prendendo in prestito un neologismo dantesco… Se riuscissimo a “immegliarci” tutti quanti insieme forse potremmo sperare davvero che il mondo un po’ cambi.