Il coraggio di restare, per resistere

Mariam Rawi, attivista di RAWA (Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell’Afghanistan) in Italia per alcuni giorni, ha raccontato la sua esperienza in diversi incontri organizzati da ISP ed è stata ospite anche alla Festa annuale dell’Associazione il 2 ottobre a Mel. Nelle sue parole l’impegno convinto contro la dittatura, la forza di non lasciare la propria terra, la consapevolezza dell’essere donna in un Paese dove esserlo è particolarmente difficile, e i suoi sogni per il futuro.

 

Come ti descriveresti in 3 parole?
Difficile… Di certo so una cosa di me: sono paziente.

Come descriveresti ISP in 3 parole?
Consapevoli, collaborativi, gentili.

E RAWA, la tua associazione?
Progressista, coerente, resistente.

Cosa significa essere donna e far parte di un’associazione rivoluzionaria di donne in Afghanistan?
L’Afghanistan è il peggior posto al mondo in cui essere donna, ma non per questo noi ci arrendiamo. Negli ultimi decenni sempre più donne afghane hanno aumentato la loro consapevolezza, resistono, non ci stanno più ad essere sottomesse, anche se questo significa sacrificare una parte di “normalità”, essere costantemente in pericolo o addirittura rischiare la vita.

Nell’agosto 2021 l’Afghanistan è stato tristemente al centro della cronaca mondiale con la ripresa del potere da parte dei talebani.
Già alcuni mesi prima del 15 agosto 2021 si capiva che la situazione sarebbe degenerata: il Paese era allo sbando, senza governo, tutti i settori della società erano collassati, la polizia stessa era senza guida. Una realtà inimmaginabile, difficile da descrivere, la gente, specialmente le donne, aveva paura di uscire di casa. I talebani sono stati “autorizzati” a riprendersi il potere dal ritiro delle forze occidentali, con la promessa apparente che la situazione sarebbe migliorata.

Sembra che l’Afghanistan sia però stato dimenticato. Come sta vivendo la popolazione?
La povertà materiale e l’insicurezza economica attanagliano le persone, e a questo si aggiunge anche la debolezza psicologica derivante dalla precarietà e dalla paura della situazione.

Ma è evidente che una parte della popolazione, nonostante tutto, non si vuole arrendere, e RAWA è tra loro.
Esatto, questo è il nostro Paese e non vogliamo abbandonarlo. Molti amici nel mondo ci hanno offerto protezione, ospitalità, un luogo sicuro in cui rifugiarci, ma noi sappiamo che il nostro posto è in Afghanistan, a fianco della nostra gente. Abbiamo cercato di imparare dalla storia, dalle altre esperienze di resistenza nel passato e nel mondo, come la Resistenza italiana durante il periodo fascista.

Cosa ti motiva a impegnarti ogni giorno?
È la coraggiosa resistenza delle nostre donne che mi dà speranza e motivazione: in tutti questi anni le donne afghane non si sono mai arrese al governo fondamentalista dei talebani che le avversa, e non lo faranno di certo ora. Queste lotte, giorno dopo giorno, stanno aprendo la strada alla creazione di un forte movimento femminile nel nostro Paese.

Da 20 anni al vostro fianco, in questo impegno, c’è Insieme si può.
Sì, l’associazione RAWA rifiuta i grandi aiuti istituzionali, preferiamo collaborare con realtà più piccole ma oneste, umane. Da anni lavoriamo con ISP, nell’ultimo anno in particolare c’è stata una grande collaborazione per tenere alta l’attenzione sull’Afghanistan e non dimenticare quanto stava e sta accadendo nel nostro Paese. Ci siamo impegnati insieme in particolare in due settori: nella distribuzione di aiuti emergenziali alle famiglie più povere, con tutte le difficoltà dell’acquisto di cibo, medicine e altro per il forte aumento dei prezzi e della chiusura delle banche; e nel continuare a portare avanti i progetti di istruzione e alfabetizzazione, in particolare per bambine, ragazze e donne, anche qui con non poche difficoltà.

È la strada giusta?
Siamo convinte che la strada da percorrere per una reale emancipazione dell’Afghanistan passi per l’educazione, la consapevolezza delle persone, la voglia di impegnarsi e difendere alcuni valori comuni che devono però nascere e crescere all’interno del Paese, in un percorso condiviso tra la popolazione, senza imposizioni esterne.

Cosa sogni per il futuro del tuo Paese?
Come associazione RAWA desideriamo che il popolo afghano si schieri unito in una sola voce contro i predatori globali e i loro servi talebani: solo rovesciando il terrore dei talebani l’Afghanistan sarà liberato dal fondamentalismo, avanzerà verso il progresso e le persone potranno conoscere finalmente come si vive in una condizione pacifica. Vogliamo pace, sicurezza, che nessuno debba soffrire la fame: giorni luminosi in cui ci siano libertà, democrazia e giustizia sociale.

Per concludere, cosa significa secondo te essere ISP?
Sentirsi supportati, orgogliosi, aver ritrovato la capacità di fare qualcosa, intessere relazioni continuative.