Il ragazzo con il cuore di bambù
A settembre abbiamo avuto l’onore di ospitare il Dottor Amporn Wathanavongs, arrivato tra Torino e Belluno in occasione dell’uscita dell’edizione italiana della sua biografia “Il ragazzo con il cuore di bambù”. Una vita incredibile, che da orfano di strada e bambino soldato l’ha portato a fondare FORDEC, associazione che oggi si prende cura e pone le basi del futuro di migliaia di bambini vulnerabili nelle periferie di Bangkok, con la quale ISP collabora da oltre 20 anni.
Presentati brevemente.
Sono il Dr. Amporn Wathanavongs, ma tutti mi chiamano “Dr. A” e rappresento FORDEC in Thailandia.
Come hai incontrato ISP per la prima volta?
FORDEC e ISP hanno un rapporto che risale a molto tempo fa, parliamo di circa 22 anni fa. Il legame tra le due associazioni non è avvenuto per caso ma si è creato in modo inaspettato attraverso una coppia di turisti di Feltre, Roberto Garbuio e sua moglie Sabrina, che si trovavano in Thailandia e hanno letto un volantino di FORDEC nell’hotel in cui alloggiavano, interessandosi all’associazione. Ci sono venuti a trovare personalmente e hanno visitato il nostro DayCare Center, che si occupa del supporto ai bambini in difficoltà delle periferie di Bangkok. Io in quel momento non ero presente perché mi trovavo a Taipei, quindi sono stati accolti dalla mia assistente. Non appena hanno incontrato i nostri bambini sono stati subito coinvolti dall’iniziativa e ne hanno sostenuto uno con una donazione.
Come è poi proseguita questa collaborazione?
La mia assistente ha informato Roberto e Sabrina che sarei venuto in Italia per partecipare ad un incontro tenuto dalla FAO e da lì è iniziato il nostro legame, io nel frattempo mi ero tenuto in contatto con loro via email. Ho incontrato di persona Roberto per la prima volta a Roma: a causa della barriera linguistica, inizialmente abbiamo avuto qualche problema di comunicazione, ma questo non ci ha fermato. Dopodiché mi ha invitato a Feltre, una città di cui non avevo mai sentito parlare. Lì mi ha presentato la sua famiglia, abbiamo pranzato insieme, ho parlato loro del programma di sostegno a distanza dei bambini accolti da FORDEC e altri membri della sua famiglia si sono fatti avanti per supportare il progetto. Rimaneva la questione di come coinvolgere più persone e soprattutto più associazioni locali, quindi abbiamo chiesto a Luigi Bressan, che era stato nunzio apostolico in Thailandia. La nostra associazione ha sempre avuto un legame stretto con Luigi, tanto che l’ho invitato più volte a parlare di cooperazione durante le nostre conferenze internazionali. Ho preso appuntamento per incontrarlo a Trento e immediatamente ha sostenuto la nostra causa, offrendosi anche di supportare altri bambini trovando loro degli sponsor. Questa proposta ci ha portato ad incontrare Piergiorgio Da Rold, giungendo finalmente a stringere un legame con ISP. Questo rapporto prosegue da più di 20 anni e da allora sono venuto spesso in visita a Belluno.
Come è stata creata FORDEC e perché?
FORDEC sta per Foundation for Rehabilitation and Development of Children. La cosa interessante è che anche l’acronimo indica lo scopo dell’associazione: for in inglese vuol dire “per”, mentre dĕk in lingua thai significa “bambini”, quindi FORDEC significa doppiamente “per i bambini”! Il nostro obiettivo è aiutare le persone in difficoltà, specialmente i bambini, che senza il nostro supporto non potrebbero sopravvivere: la convinzione è che se abbiamo qualcuno al nostro fianco, se stiamo insieme, possiamo fare meglio.
La fondazione di FORDEC deriva dalle mie esperienze di vita: sono nato povero e sono rimasto orfano a 5 anni. Senza educazione, senza speranze e senza un futuro, sono diventato un bambino soldato e un ragazzo di strada fino a 14 anni. Questo tipo di vita mi ha portato a tentare il suicidio due volte. Ma ho pensato: quante persone hanno vissuto e vivono quello che ho vissuto io? Nonostante tutto, mi sono detto che se avessi potuto aiutare anche solo una di quelle persone ad uscire dalla povertà, avrei trovato aiuto anche io. In realtà, la mia storia è la dimostrazione che insieme possiamo aiutare migliaia di persone e cambiare il loro futuro.
Qual è stato il punto di svolta nella tua vita che ti ha fatto realizzare che c’era ancora speranza nel futuro?
Il mio secondo tentativo di suicidio mi ha insegnato molto. Sono stato ricoverato cinque giorni in ospedale e in quel frangente ho incontrato una donna che veniva a fare visita al paziente nel letto vicino al mio. Mi ha chiesto il motivo per cui avevo compiuto quel gesto estremo. Mi ha rimproverato, dicendo che avrei dovuto studiare. Io però non avevo una famiglia che potesse supportarmi, e per ricevere un’istruzione bisogna avere una scuola in cui andare e cibo per nutrirsi. Mi ha suggerito di rivolgermi ad un monaco buddista, lì ho imparato a leggere e a scrivere, poi ho studiato dai Gesuiti francesi, ho ricevuto una borsa di studio per l’università e ho iniziato a lavorare. Quando sono andato in pensione, avevo 60 anni ed era il 1997, l’anno del crollo del baht, la moneta thailandese. Migliaia di persone perdevano il lavoro e le fabbriche andavano in fallimento… Mi sono presentato in banca per ritirare la mia liquidazione, 5 milioni di baht: ho pensato che finalmente avrei potuto aiutare i bambini delle famiglie bisognose come lo ero stato io e con quei soldi ho fondato FORDEC, il 14 febbraio 1998, giorno di San Valentino. San Valentino è collegato all’amore: volevo che passasse l’idea che chiunque, in qualunque corpo, mente o spirito, senza discriminazioni di razza, colore o religione, merita amore.
Come si struttura il programma di Sostegno a Distanza di FORDEC?
Le famiglie che aiutiamo non riescono a far fronte alle spese per l’istruzione dei loro figli e per questi bambini non ci sarebbe alcun futuro. Il nostro è un supporto a lungo termine, in cui le preoccupazioni delle famiglie bisognose vengono alleviate dalla certezza che il loro bambino è supportato da un sostenitore per anni, classe dopo classe, fino a raggiungere un obiettivo formativo o esistenziale come un titolo di studio o un lavoro. È un rapporto 1 a 1, una relazione diretta, in cui il bambino e la famiglia sanno chi li supporta e il sostenitore è a conoscenza di dove va a finire il suo denaro per rispondere a bisogni concreti e individuali. Oltre alle lettere di aggiornamento e alle foto dei bambini, in ogni momento i sostenitori possono venire in visita per vedere con i propri occhi ciò che gli viene comunicato.
Cosa speri per il futuro di FORDEC?
Ora ho realizzato il mio sogno, quello di aiutare gli altri, ma i problemi non finiscono mai, si sa che con ogni opportunità arriva una difficoltà e sarà così anche guardando avanti. Mi auguro che tante persone continuino a credere in FORDEC e in quello che fa; internamente, il futuro dell’organizzazione dipende dal nostro staff, le persone responsabili per mio conto e che portano avanti le attività.
E per il futuro di ISP?
Per ISP posso dire lo stesso: se il sistema su cui l’associazione si basa è virtuoso, l’associazione continuerà a vivere come ha fatto finora. Vi auguro di continuare a fare del vostro meglio ogni giorno, perché lo dice anche il nome: insieme possiamo tutto.