Una staffetta per dare voce alla Pace

Emiliano Oddone, geologo, membro del Lions Club che sta promuovendo l’iniziativa della “Staffetta Lions per la Pace”, a cui partecipa anche ISP. Ci racconta come è nata quest’idea, gli obiettivi e i messaggi di cui vuole essere portatrice, partendo da un ragionamento fatto sulla fondamentale importanza della Pace, scaturito da chi ha visto la guerra con i propri occhi.

Presentati brevemente.
Sono Emiliano Oddone, ho 50 anni, sono bellunese, radicato in queste montagne con grande gusto: sono un geologo, quindi le studio, le amo. Padre di due figli in crescita di 13 e di 11 anni, e questo mi spinge a pensare che sia assolutamente necessario lavorare per la Pace.

Come ti definiresti in tre parole?
Molto difficile… Direi curioso, appassionato della vita per certi aspetti, ma anche un po’ contrariato da come gira il mondo, quindi aggiungerei proattivo, anzi “comunic-attivo”: faccio comunicazione scientifica e cerco di riportare con passione contenuti e fascinazione per la natura che ci circonda, natura che ci insegna la pace, l’armonia e l’equilibrio dinamico.

Come hai conosciuto ISP?
Ho conosciuto ISP tanti anni fa nella persona di Piergiorgio Da Rold, ho poi intersecato questa realtà varie volte: oltre che nelle mie esperienze in Africa, abbiamo avuto modo anche di collaborare insieme. Anni fa ho conosciuto anche un giovane Daniele Giaffredo, che ora ho ritrovato nelle vesti di direttore dell’Associazione.

Il 6 luglio prenderà il via dalle Tre Cime di Lavaredo la “Staffetta Lions per la Pace”, iniziativa a cui collabora anche ISP insieme a molte altre realtà della società civile. Da dove è nata l’idea di questo evento?
L’idea nasce all’interno dei Club Lions della zona bellunese, facenti parte di un distretto che si chiama Ta2. Nello specifico nasce dal fatto che da luglio ci sarà un nuovo governatore, Ghaleb Ghanem, il quale vive e opera in Cadore ed è molto sensibile al tema della Pace in quanto è di origine siriana, quindi ha visto la guerra con i propri occhi e ha capito cosa implica. Anche a me è successo, quando ero in Sudan, quindi ci siamo capiti da questo punto di vista e abbiamo iniziato a ragionare sul tema della Pace: pian piano ha preso forma un progetto stimolante e coinvolgente, scritto a più mani e di respiro nazionale, ispirato alle Carovane della Pace dei missionari Comboniani – a cui ho partecipato dopo i miei viaggi in Africa – e alle Arene di Pace. L’iniziativa quindi prende forma ora, ma è nata da lontano, per mettere in dialogo diversi livelli della società civile, proiettandosi poi verso la dimensione istituzionale.

Puoi spiegarci in breve come si svolgerà?
Nella forma di una staffetta, quindi con un movimento di persone che porteranno un messaggio di Pace, che abbiamo definito “Manifesto”, e lo si porterà attraverso 5 Regioni italiane seguendo in buona parte l’antica via di pellegrinaggio Romea-Germanica fino a Roma.
Sono 696 km divisi in 36 tappe, in ogni tappa verranno coinvolti i Comuni di arrivo per chiedere l’adesione al Manifesto e l’istituzione di una Giornata della Pace, con il coinvolgimento della loro comunità. Tutte le adesioni raccolte lungo il percorso verranno inserite in una pergamena, che all’arrivo a Roma verrà consegnata al Presidente della Repubblica Mattarella e a Papa Francesco.

Quali sono i messaggi che vuole portare e gli obiettivi che si pone questa Staffetta?
Dare spazio alle “Voci di Pace”, cosa che nel trambusto mediatico del giorno d’oggi spesso vengono messe da parte in favore di proclami orientati alla guerra, e ad “Azioni di Pace”, che partono da ciascuno di noi.

Qual è la “scintilla” che ha acceso in te la volontà di occuparti di questi temi?
Come dicevo prima, l’aver ascoltato la voce degli esclusi, l’aver individuato l’ingiustizia globale sulla quale si fonda il nostro sistema e di conseguenza il non riuscire ad accettare che per mantenere i privilegi di pochi si debba fare una guerra dopo l’altra. Il mettere in discussione tutto con la speranza di una visione più equa e distribuita di risorse, potenzialità e capitale umano, perché di fatto solo in questa dimensione si può pensare a un mondo umano che progredisce in pace.

E quale invece la “benzina” che nel tempo ha tenuto vivo e fatto proseguire questo tuo impegno?
La “benzina” sono i respiri quotidiani, l’osservazione della bellezza di cui è intriso il mondo, nonostante le tante storture: la speranza è che questa bellezza riesca a dominare. Anche l’amore per i miei figli e per tutti i bambini in situazione di difficoltà che ho incontrato e che avrebbero potuto essere i miei figli.

Cosa ti auguri per il futuro?
Un futuro di pace, di serenità, di capacità di mantenere relazioni con le persone su un piano amorevole ed edificante e di essere al servizio della società. Spero in un futuro interattivo, pacifico, profondo, costruttivo.

Per concludere, cosa significa per te essere ISP?
Lo dice il nome, “insieme si può”: è stringere relazioni con gli altri e riuscire a rendere queste relazioni generative. È sicuramente vero che da soli si fa poco, anche se bisogna essere solidi anche nella propria solitudine e nel proprio percorso: alla fine è l’affiancare gli altri e lo stringere le loro mani che determina le situazioni più significative nella vita. Quindi “insieme si può” non è solo uno slogan, sono tante persone, tante azioni, tanti sguardi, tante relazioni, è la predisposizione al dialogo per costruire un mondo migliore.