Ho visto crescere semi di speranza
20 febbraio 2020 – Burera (Ruanda)
Partiamo da Ruhengeri con due camionette, siamo la missione italiana del progetto “Semi di Speranza 3”. Abbiamo appuntamento con il gruppo delle donne, le maman come dicono qui, a cui è affidata la coltivazione del primo campo biologico. All’improvviso scoppia un temporale, la strada si fa viscida, ci fermiamo e, quando ormai decidiamo di rientrare, ecco che appaiono le donne, sotto la pioggia, con i loro vestiti colorati e la zappa sulle spalle. Sono partite da lontano, sono sorridenti e chiacchierone. Entrano nel “loro campo” e cominciano a dissodare la terra che darà a loro, vedove e mamme sole, l’opportunità di vivere decorosamente, di imparare nuove modalità di coltivazione, di ottenere un piccolo guadagno, di scambiare con altre maman semi ed esperienza.
26 febbraio 2020 – Muko (Ruanda)
Siamo sempre noi, la missione “agricoltura” composta da animatori della Caritas diocesana, esperti e volontari italiani. Il progetto “Semi di speranza 3” è sostenuto dalla Caritas diocesana, dall’Associazione Jardin de los Niňos, dall’Associazione Mondo Giusto, da “Insieme si può…” e dalla Regione Veneto.
Le maman sono già nel campo, zappano alacremente. Qualcuna ha il bimbo sulla schiena. Abitano lontano da qui, la maggior parte di loro non mangia dalla sera precedente, ma esprimono un’energia contagiosa, tanto che Paolo si mette a zappare con loro. Come le maman di Burera sono vedove, sole, a capo di famiglie numerose e partecipano con gioia e riconoscenza al progetto “Semi di Speranza”.
Già, “Semi” e “Speranza” sono due parole che contengono in sé il presente e il futuro. I semi sono la semente da cui nasceranno le piante e i frutti, speranza di una vita nuova, non solo sicurezza alimentare, ma anche scuola per i figli, assicurazione sanitaria e, soprattutto, appoggio in caso di bisogno non solo materiale.
Tutto ciò avviene nelle zone rurali di Ruhengeri, a nord-ovest del Ruanda, una zona, ai piedi dei vulcani, particolarmente fertile e visitata da numerosi turisti che vogliono vedere i gorilla di montagna. Ruanda, paese delle mille colline e delle mille contraddizioni; sulla strada che porta ai vulcani splendidi alberghi e poco distante la povertà. Famiglie povere, costituite da donne, vedove a causa della guerra o dell’aids, molto spesso sieropositive, e dai loro figli naturali e non. Più che la fame o la povertà è la solidarietà che le unisce, spesso infatti queste donne accolgono bambini e giovani orfani che trovano così famiglia e affetto e non finiscono per strada.
Il primo progetto “Semi di speranza 1” era nato nel 2009 con il preciso obiettivo di sollevare un gruppo di maman dalla situazione di indigenza. A loro è stato insegnato come coltivare un piccolo orto familiare, come concimare con il letame delle pecore e delle capre e con gli escrementi dei piccoli animali domestici. Era la sussistenza cui si aggiungeva la coltivazione collettiva di un campo pilota. Il progetto ha avuto una sua durata, è terminato, ma ha lasciato i suoi semi di conoscenze e competenze che hanno contagiato altre famiglie. Mi piace immaginare il primo progetto come un sasso gettato in uno stagno, i cerchi si sono allargati sempre più, fino ad esaurirsi, lasciando dietro di sé una scia di benefici, conoscenze e solidarietà. Altri sassi sono stati gettati, i cerchi si sono incontrati e intersecati: il processo ora continua portando sempre nuove energie.
È successo così, siamo arrivati a “Semi di speranza 3” in cui sono coinvolte sessanta donne, divise in due gruppi e in due campi: a Burera coltiveranno patate e a Muku fagioli. Anche questo, come gli altri progetti agricoli intende ridurre l’insicurezza alimentare, la malnutrizione e la povertà. Si è aggiunto un altro tassello importante, unico, credo: la promozione di pratiche agricole sostenibili che tutelino la biodiversità. Le donne hanno partecipato a corsi di formazione, sono seguite costantemente dagli operatori Caritas, e, cosa importantissima in un Paese in cui sempre crescente è la tendenza a non utilizzare le sementi locali, vengono invitate a conservare le sementi per la stagione successiva creando una sorta di “banca dei semi”.
Questi sono alcuni degli aspetti originali del progetto, per la cui realizzazione è necessario fornire non solo competenze, ma anche attrezzature quali zappe, compostiere, microcredito, cisterne per l’acqua, piccoli animali domestici che danno anche il concime ecc. Queste maman, molto spesso analfabete, hanno bisogno di tutto, ma, come ho già detto, sanno anche condividere e…. il cerchio della sostenibilità e dell’autonomia si va allargando.
11-12 aprile 2020 – Ruanda
Abbiamo lasciato campi appena dissodati e, dopo un mese e mezzo, ritroviamo giardini. A causa delle restrizioni dovute al covid-19, Modeste, responsabile del progetto, andava a prendere le maman con la camionetta della Caritas. I risultati si vedono nella ricchezza delle piante curate e concimate con sostante organiche. Aggiungo che quando è iniziato “Semi di speranza 1”, Modeste ha dovuto insegnare a concimare anche il piccolo orto domestico con il letame della mucca o con gli escrementi dei piccoli animali.
Il sasso lanciato nell’acqua ha fatto tanta strada, grazie anche alla costante volontà delle maman e di tutte le persone che hanno creduto in loro.
di Teresa Vedana, volontaria e referente per ISP dei progetti in Ruanda
Il Ruanda è un piccolissimo Stato (26.338 km²) dell’Africa Sub-sahariana, con una densità demografica tra le più elevate del continente africano (416 ab/kmq) e un tasso di crescita della popolazione del 2,6% annuo. Il 36 % delle famiglie sono a carico di donne o orfani.
Nonostante la rapida crescita economica, permangono disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza e una diffusa condizione di insicurezza alimentare: secondo recenti dati elaborati dal World Food Program il 37% dei bambini al di sotto di 5 anni è affetto da malnutrizione cronica, con punte più elevate nelle zone rurali.