#igiene: Loputuk, Uganda

Storie dell’altro mondo

 

Loputuk è il nome di un villaggio poco lontano da Moroto, chiamato anche “la piccola Italia” non perché ci sia qualcosa che ricordi la nostra nazione, ma solo perché chi ha iniziato a lavorare nel villaggio con tanti piccoli progetti di sviluppo, parecchi anni fa, è stata un’organizzazione italiana. Il dispensario sta ora ospitando i primi casi di colera e la direzione ha chiesto in prestito le tende che “Insieme si può…” ha in dotazione per altri progetti, da usare per i medici che devono essere a disposizione 24 ore al giorno per tutti i giorni. Ad oggi i casi confermati sono più di 80, 3 le persone decedute.

Il governo è concentrato su quello che è il problema del momento nel mondo, il Covid-19, ma nel Distretto di Moroto abbiamo altre preoccupazioni, perché, a differenza del resto dell’Uganda, la regione del Karamoja presenta pochissimi casi positivi. Colera, malnutrizione, malaria, tubercolosi ed alcolismo sono le reali difficoltà per la popolazione, e per finire, a causa del lockdown, le piccole attività locali hanno perso le poche risorse che permettevano loro di sopravvivere. Così si cercano altre vie di uscita alla fame, come ruberie e costante consumo di alcool.

Non c’è lavoro, di conseguenza il cibo scarseggia, non si compra il sapone basilare per un minimo di igiene, si attinge acqua ai fiumi. In effetti sembra proprio il Natapararakochuchu, un fiumiciattolo che passa poco lontano dal villaggio, la causa dell’infezione: il fiume infatti bagna più a sud anche Nadunget e poi Napak, da dove provengono molte persone che si sono presentate al dispensario con gli stessi sintomi, purtroppo confermati, di colera.
Non si era pronti per il Covid, adesso bisogna correre per il colera che già in passato ha provocato diverse vittime in varie zone dell’Uganda, sempre per la scarsità d’igiene e l’impossibilità di avere acqua potabile.

Reidratare i pazienti diventa urgente. Il trattamento consiste proprio nella terapia di reidratazione orale, cioè reintrodurre liquidi con soluzioni leggermente dolci e salate. Anche solo far bere l’acqua di cottura del riso sarebbe ottimo, ma bisogna avere il riso; anche la farina di grano agisce benissimo come restringente nei casi più gravi. Può essere richiesta la somministrazione di fluidi per via endovenosa, e qui la cosa si fa più seria perché i medicinali arrivano da Kampala, 500 km da Loputuk, dove a causa delle restrizioni si deve perdere tempo per ottenere i permessi e la malattia, invece, non aspetta.

Igienizzare gli ambienti diventa fondamentale, ecco l’urgenza di avere anche solo candeggina, che si fa fatica a reperire in questi giorni a Moroto, e sapone per lavare tutto ciò che è venuto a contatto con un paziente.

Certo bisogna anche educare, tema purtroppo che richiede tempo e costringe il personale sanitario ad esserci a 360 gradi: bisogna che la gente capisca che fare i propri bisogni ovunque porta a queste conseguenze. Avere una latrina in casa è un lusso che difficilmente le famiglie si possono permettere. La gente si ferma così, in modo naturale, dove si trova, dopo mangia all’aperto con il piatto in mano, usando le mani come posate; inevitabilmente arrivano le mosche, che pochi minuti prima si sono cibate di qualcosa che hanno trovato poco lontano. Tutti poi vanno a lavarsi e lavano la biancheria al fiume, dove si attinge l’acqua e dove gli stessi animali vanno ad abbeverarsi.

Bisognerà inoltrare la conoscenza di un vecchio proverbio che dice: “Quando prendiamo una decisione, dobbiamo sempre pensare alle conseguenze che essa avrà sugli altri”. Di certo la storia farà la sua parte… E noi di “Insieme si può…” possiamo fare la nostra?

 

di Luana Alum, Referente progetti a Moroto (Uganda)